Gallery
La Galleria Tucci Russo è stata fondata nel 1975 a Torino da Antonio Tucci Russo, inaugurando con una mostra personale di Pier Paolo Calzolari e rappresentando fin dal principio numerosi artisti appartenenti al gruppo dell’Arte Povera. Diverse infatti sono state le mostre di Giovanni Anselmo, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini e Giuseppe Penone nella storia della galleria. Inoltre, per molti anni la galleria ha avuto i propri spazi espositivi nello stesso edificio e allo stesso piano dello studio di Mario Merz a Torino.
Sin dalla sua fondazione, Lisa e Antonio Tucci Russo hanno focalizzato la propria attività sullo studio e la ricerca della scultura e dei suoi sviluppi.
Nel corso della propria storia sino ad oggi, la galleria Tucci Russo ha affiancato alla situazione del gruppo dell’Arte Povera artisti quali Daniel Buren, Tony Cragg, Lili Dujourie, Harald Klingelhöller, Richard Long, Paolo Mussat Sartor, Maria Nordman, Alfredo Pirri, Thomas Schütte e Jan Vercruysse.
La Galleria Tucci Russo ha continuato ad indagare le nuove tendenze sorte nelle più recenti generazioni di artisti tra i quali Mario Airò, Christiane Löhr, Paolo Piscitelli, Robin Rhode e Conrad Shawcross.
La galleria Tucci Russo ha due sedi: a Torre Pellice, una cittadina vicino Torino dove occupa circa 1200 mq di spazio espositivo in un’affascinante ex manifattura tessile, e nella zona centrale di Torino in un palazzo storico della città.
Exhibits
19.09.2024 - 01.02.2025
opening: 18.09.2024
19.09.2024 - 01.02.2025
Gilberto Zorio non crede in un’affermazione dominante della sua scultura, ma in una magnificenza sorprendente e incommensurabile. Siccome crede nell’energia, non è interessato a bloccarla, ma a farla sorgere ovunque in maniera diversa. Le sue esplorazioni ambientali continuano dal 1969, sfruttando il dialogo tra luminoso e oscuro, visibile e invisibile, spento e incandescente, che l’artista utilizza per evocare i limiti e i confini del suo territorio plastico: la stanza. (Testo liberamente tratto dal catalogo Gilberto Zorio. Torri Stella/Star Towers, a cura di Germano Celant, Skira, Milano 2009)
Le opere appaiono e danno idea di percorso.
Il viaggio inizia nella prima sala con i Giunchi con arco voltaico (1969). La scintilla dell’arco voltaico, che scarica sul rame, è parte della elasticità dei giunchi sospesi e segno di energia essenziale.
È in dialogo con cinque giavellotti incastrati tra di loro, Stella Vostok (2013), che indica non solo l’orientamento ma anche la velocità.
Il secondo passo del viaggio ci porta alla visione di Stella di cuoio su giavellotti (2007). Due giavellotti sostengono una stella di cuoio. Il cuoio, come la nostra pelle, avvolge e protegge i corpi, evidenziando la nostra appartenenza all’animalità .
Animalità che è anche in dialogo con l’intelligenza metaforicamente espressa dalla Stella di pergamena abbracciata dal compasso (2024), dove la forma stellare viene trattenuta e sospesa da un compasso da scultore.
Sempre i giavellotti ci accompagnano nella terza sala, dove la Stella di pergamena (2020), una grande pergamena memorizzata dal fosforo, nella quale è stata ritagliata la forma della stella, si inclina dolcemente.
Si rivolge verso la Stella per purificare le parole (2023), di terracotta nera adagiata a terra.
Una delle sue cinque punte è rivolta verso l’alto. Un’altra è un contenitore di alcool collegato a un boccaglio che al buio si illumina di memoria grazie al fosforo. Mentre le impronte dei passi dell’artista sono memorizzate sulla superficie della stella.
Gilberto Zorio (Andorno Micca (Biella), 1944) è stato presentato in varie occasioni presso la Galleria Tucci Russo, tra cui le mostre “UNDERLINING” (2020) e “BASICO (III)” (2015) nella sede di Torre Pellice. La mostra presente rappresenta la prima esposizione dell’artista nella galleria di Torino.
Tra le sue principali mostre personali si ricordano: Castello di Rivoli (2017); MACRO, Roma (2010); CGAC, Santiago de Compostela, Spagna (2010); MAMbo, Bologna (2009); Dia Art Foundation, New York, USA (2001); Museu Serralves, Porto, Portogallo (1990); Stedelijk Van Abbemuseum, Eindhoven, Olanda (1987); Centre d’Art Contemporain, Ginevra, Svizzera (1986); Centre Georges Pompidou, Parigi, Francia (1986); Kunstverein Stuttgart, Stoccarda, Germania (1985); Stedelijk Museum, Amsterdam, Olanda (1979); Kunstmuseum Luzern, Lucerna, Svizzera (1976). Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1978, 1980, 1986, 1995, 1997 e alla Documenta di Kassel nel 1972 e 1992.
Orari di apertura: dal mercoledì al sabato (ore 11-13 e 15-19)
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MOSTRE NELLA SEDE DI TORRE PELLICE
OPENING 27 OTTOBRE 2024
Fino al 2 marzo 2025:
Richard Long. MUDDY RIVER MUDDY BOOTS
Christiane Löhr. Campi aperti, elastici
22.03.2024 - 27.07.2024
opening: 21.03.2024
22.03.2024 - 27.07.2024
MOSTRA 1
Tucci Russo Chambres d’Art (Via Davide Bertolotti 2, Torino)
Alfredo Pirri
Fare spazio
Opening: giovedì 21 marzo 2024, ore 18-20
Fino al 27 luglio 2024
La Galleria Tucci Russo ha presentato le opere di Alfredo Pirri la prima volta nel 1990 in occasione della sua esposizione “GAS” nella sede di allora, il Mulino Feyles, in Corso Tassoni a Torino. La collaborazione con l’artista è continuata negli anni e la mostra presente costituisce la nona personale, che segue l’ultima mostra di Alfredo Pirri dal titolo “Motore” tenutasi a Torre Pellice nel 2019. Le opere dell’artista vengono ora presentate nuovamente a Torino nell’esposizione “Fare spazio” presso Tucci Russo Chambres d’Art in Via Davide Bertolotti 2.
Nelle tre sale della galleria sono esposte opere recenti suddivise in due gruppi principali.
Il primo, dal titolo Compagni e Angeli, nella sala d’accesso, consiste in una serie di 32 acquerelli su carta dedicati ad Antonio Gramsci che l’artista ha realizzato a cavallo fra il 2022 e il 2023, parallelamente alla lavorazione di una grande installazione pubblica e stabile a lui dedicata e commissionata dalla Regione Puglia. Questo insieme di lavori, pittorici e spaziali, prende origine da alcuni passi tratti dalle lettere di Gramsci, uno in particolare in cui parla dello stato del detenuto: «… Al terzo anno, la massa di stimoli latenti che ognuno porta con sé dalla libertà e dalla vita attiva, comincia ad estinguersi e rimane quel barlume di volontà che si esaurisce nelle fantasticherie dei piani grandiosi mai realizzati: il carcerato si sdraia supino nella branda e passa il tempo a sputare contro il soffitto, sognando cose irrealizzabili. Questo io non lo farò certamente, perché non sputo quasi mai e anche perché il soffitto è troppo alto! …» (1).
Sul fondo di ognuno di questi acquerelli, dai colori molto vividi e talvolta metallici, è stampata digitalmente e in formato fedele all’originale la riproduzione di una delle copertine dei quaderni che Antonio Gramsci ha scritto durante il suo periodo di detenzione nel carcere di Turi. Le forme regolari, impresse ad acquerello sulle riproduzioni fotografiche (prevalentemente con la tecnica del tampone), alludono a geometrie che sembrano comporsi e scomporsi sotto i nostri occhi per essere colte in un “tempo reale”, che le fissa in una posa momentaneamente congelata nella sua forma visibile ma pronta a mutare configurazione. Esse creano, dentro lo spazio del foglio, delle tensioni magnetiche prodotte dai colori che alludono ad architetture immaginate dal meditare libero e luminoso di Gramsci rinchiuso in cella. Le fasce colorate sono dipinte liberamente sormontando o affiancando le riproduzioni di queste copertine di quaderni dei primi anni Trenta, dialogando con esse sia cromaticamente che geometricamente. Le copertine sono suddivise fra alcune contraddistinte dalla seriosità di colori monocromatici e spenti, altre caratterizzate da una citazione mimetica verso materiali preziosi come la pelle del coccodrillo e molte contraddistinte da architetture immaginarie ed esotiche provenienti da quei mondi lontani che da lì a poco l’Italia avrebbe invaso e provato a conquistare. Lo spirito guida di queste opere consiste, quindi, nel concepire un “omaggio” al pensiero di Antonio Gramsci non in maniera statica o retorica ma mettendone in evidenza quel modo di pensare luminoso che ne ha fatto un campione di libertà e uno dei riferimenti costanti del nostro vivere civile.
Insieme a questa raccolta è in mostra la scultura/modello dell’opera monumentale dallo stesso titolo Compagni e Angeli che l’artista ha realizzato a Bari all’interno dell’edificio che ospita il Polo bibliotecario Regionale Pugliese presso l’ex caserma Rossani.
Il secondo gruppo, esposto nella terza sala, consiste di cinque grandi opere realizzate con tecniche miste: acquerello su carta Arches montata su alluminio, plexiglas con inclusioni metalliche, vernici acriliche e cornici in legno verniciato. Queste opere, a differenza del primo gruppo, sono maggiormente monocromatiche. I loro colori, all’origine accesi e primari, sono modificati e smorzati attraverso l’aggiunta costante di un grigio medio, una tinta neutra, che ne stempera la luminosità riportandone il tono dominante verso un’atmosfera indistinta e nebulosa.
Come se le opere fossero non tanto avvolte nella nebbia o nel vapore, quanto piuttosto dipinte direttamente da questi “materiali” che impregnano la carta di supporto e dai quali emergono forme circolari come onde di suono o di acqua che si espandono nello spazio con suono greve.
Esse appaiono il naturale sviluppo delle opere già mostrate dall’artista presso la Galleria a Torre Pellice (Alfredo Pirri, “Motore”, 2019) dove erano presenti una serie di acquerelli che restituivano lo stesso moto di cerchi che si estendono nello spazio in maniera dinamica attraverso l’uso espansivo del colore. Nelle opere esposte in mostra, sopra queste superfici dinamiche, sono sovrapposti degli inserti circolari di plexiglas colorato in pasta, a volte arricchiti (e impreziositi) da pagliuzze metalliche in ottone o rame che brillano sui fondi grigiastri. Come fossero corpi celesti colti nel loro momento di maggiore fulgore, al limite fra l’apparire e lo sparire, oppure frasi poetiche e sognanti che brillano di luce riflessa. «… da un anno in qua i fenomeni cosmici mi interessano (forse il letto, come dicono al mio paese, è posto secondo la direzione buona dei fluidi terrestri e quando riposo le cellule dell’organismo roteano all’unisono con tutto l’universo)… Ho aspettato con grande ansia il solstizio d’estate e ora che la terra si inchina (veramente si raddrizza dopo l’inchino) verso il sole, sono più contento (la questione è legata col lume che portano la sera ed ecco trovato il fluido terrestre!); il ciclo delle stagioni, legato ai solstizii e agli equinozii, lo sento come carne della mia carne…» (2)
Infine, nella sala più piccola, al centro di quelle maggiori, si decantano le tensioni ospitando un’opera solitaria, realizzata con colori trasparenti e riflettenti applicati su una superficie di plexiglas anch’essa trasparente. Opera che si irradia nello spazio vuoto attraverso l’energia pura del colore. Un’opera solitaria per una stanza silenziosa come una cappella… o come una cella.
1 – Antonio Gramsci, lettera 11 luglio 1929 a sua cognata Tania
2 – Ibidem
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MOSTRA 2
Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea (Via Stamperia 9, Torre Pellice)
Daniel Buren
Bassorilievi e Altorilievi. Lavori in situ e situati 2020-2024
Opening: domenica 10 marzo 2024, ore 11-17
Fino al 28 luglio 2024
Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea è lieto di presentare, nella propria sede di Torre Pellice, la quinta mostra dell’artista francese Daniel Buren con la galleria, dopo la prima personale tenutasi nel 1985 nella sede di allora, il Mulino Feyles, in Corso Tassoni a Torino.
Tra i maggiori esponenti dell’Arte Concettuale, Daniel Buren vanta una carriera internazionale lunga oltre 50 anni. Fin dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso l’artista ha scelto di sperimentare il grado zero della pittura utilizzando un tessuto industriale a strisce verticali di 8,7 cm di larghezza alternando il bianco a un altro colore. Partendo da un registro visivo semplice, Buren porta l’osservatore a spostare la propria attenzione dall’opera all’intero ambiente fisico e sociale su cui egli stesso interviene. Dal 1967 l’artista abbandona il lavoro in studio per favorire interventi realizzati in situ (strade, gallerie, musei, paesaggi, edifici), creando opere che afferiscono, allo stesso tempo, alla pittura, alla scultura e all’architettura. Credendo nel connubio tra arte e vita e giocando con i colori, la luce, i punti di vista e il movimento, l’artista trasforma radicalmente lo spazio circostante e stimola il coinvolgimento diretto del pubblico.
Il lavoro di Daniel Buren si colloca tra azione e intervento ed è in continuo sviluppo e diversificazione. La mostra si dipana in due sale espositive della galleria dove l’artista presenta un nucleo di 14 opere, di cui 7 situate (secondo il termine utilizzato dallo stesso Buren) e 7 in situ, ovvero che sono state realizzate in funzione dell’ambiente circostante e ispirate dallo spazio in cui sono inserite. Ricollegandosi al concetto di scultura, il titolo dell’esposizione riprende le tecniche dell’altorilievo e del bassorilievo utilizzate dall’uomo fin dai tempi più remoti. Se nell’altorilievo le figure sono molto aggettanti e sporgono quasi a tutto tondo dalla linea del piano di fondo, nel bassorilievo esse emergono in misura decisamente ridotta. Allo stesso modo, alcune delle opere in mostra di Daniel Buren presentano dei prismi colorati e/o con una decorazione a strisce che emergono nettamente dalla parete, dispiegandosi uno di seguito all’altro o alternandosi a delle superfici specchianti. Quest’ultime, riflettendo l’ambiente circostante, inglobano lo spazio e interagiscono con esso e lo spettatore, creando assieme ai prismi una successione di vuoti e pieni (come nell’arte Barocca) collocandosi tra pittura, scultura e architettura.
Altri lavori esposti, invece, sono realizzati mediante delle griglie quadrate in ferro con differenti trame che, sviluppandosi in sequenza, sporgono in maniera più ridotta dalla parete creando un effetto meno aggettante (come un bassorilievo) e ricordando un quadro in rilievo. Con la loro forza decorativa, le opere di Daniel Buren trasformano il luogo in cui sono inserite e stimolano nel visitatore una riflessione sulla percezione di esso.
Daniel Buren (Boulogne-Billancourt, Francia, 1938) vive e lavora in situ. Si è formato presso l’École des Métiers d’Art. I numerosi luoghi dei suoi interventi includono alcune delle maggiori istituzioni parigine quali Fondation Vuitton, Palais de Tokyo, Centre George Pompidou. È anche autore del lavoro permanente in situ “Les Deux Plateaux” (1985-86) situato nella Corte d’Onore del Palais-Royal di Parigi, così come di centinaia di lavori in situ e permanenti concepiti e realizzati per spazi pubblici in tutto il mondo tra cui Giappone, Italia, Spagna, Germania, USA, Canada, Messico, Cina, Corea, ecc… Una breve selezione di mostre personali internazionali include: Städtisches Museum, Mönchengladbach, Germania (1971); Stedelijk Museum, Amsterdam, Olanda (1976); Kröller-Müller Museum, Otterlo, Olanda (1976); Van Abbemuseum, Eindhoven, Olanda (1976); PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano (1979); Detroit Institute of Arts Museum, Detroit, USA (1981); Brooklyn Art Museum, New York, USA (1988); Kunstmuseum Bonn, Germania (1995); San Francisco Museum of Modern Art, USA (2003); Guggenheim Museum, New York, USA (2005). Nel 1965 ha vinto il premio della Biennale di Parigi e nel 1986 ha rappresentato la Francia alla 42° Biennale di Venezia dove è stato insignito del prestigioso Leone d’Oro per il miglior padiglione. Nel 2007 ha ricevuto il Praemium Imperiale per la Pittura dalla Japan Art Association e nel 2024 il Premio Internacional de Mecenazgo conferito dalla Fondazione Callia di Spagna. Per maggiori informazioni: www.danielburen.com
Photo-souvenir: griglia quadrata in acciaio da 30 mm di lato, filo intrecciato Ø 3 mm. Dettaglio scala 1/1
© Daniel Buren & ADAGP Paris 2024
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Alfredo Pirri, Scultura modello Compagni e Angeli, 2023, metacrilato verniciato e alluminio, cm 93 x 122 x 52
Courtesy l’artista e Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice e Torino
31.10.2023 - 24.02.2024
opening: 28.10.2023
31.10.2023 - 24.02.2024
TUCCI RUSSO Chambres d’Art, via Davide Bertolotti 2, Torino
Marisa Merz
28 ottobre 2023 – 24 febbraio 2024
Due mostre di Marisa Merz in contemporanea presso la Galleria Giorgio Persano e Tucci Russo Chambres d’Art, Torino, in collaborazione con la Fondazione Merz.
MOSTRA #2
TUCCI RUSSO Studio per l’Arte Contemporanea, via Stamperia 9, Torre Pellice (TO)
Robin Rhode. The Abandoned Garden
8 ottobre 2023 – 28 gennaio 2024
Robin Rhode, Blues Vignette 1, 2023, Spraypaint and photographic print on 300gram paper mounted on canvas, cm 180 x 160, Foto Copyright Tilman Vogler, Courtesy l’artista e Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice
23.06.2023 - 07.10.2023
opening: 22.06.2023
23.06.2023 - 07.10.2023
ore 18-20
Dal mercoledì al sabato ore 11-13 | 15-19
Tucci Russo Chambres d’Art – sede di Torino
L’esposizione si focalizza su alcune delle più recenti ricerche dell’artista sulla luce, la geo- metria e la percezione: due sculture, con movimenti meccanici, rappresentano i suoi lavori più recenti appartenenti alle serie Patterns of Absence e Slow Arc Inside a Cube. Queste sculture dinamiche dialogano con l’opera in vetro Spindle, con una nuova versione della serie Paradigm intitolata Paradigm Vex – Slender (Structural) e, infine, con l’edizione Study for the Patterns of Absence.
Nella prima sala l’opera Patterns of Absence, il cui pannello posteriore è uno spettro rosso, è una scultura luminosa appesa a parete e, con il suo diametro di 2 metri, rappresenta l’opera più grande di questa serie. L’ opera è composta da due dischi colorati e forati che ruotano in senso op- posto l’uno all’altro, modellando la luce attraverso la fitta trama di fori. Le tre edizioni titolate Study for the Patterns of Absence, esposte nella stessa sala, sono gli studi preparatori di quest’opera.
Il lavoro Spindle è una scultura in vetro modellata a mano che proietta ombre enigmatiche. Nella loro forma piatta, gli Spindle sono simili ai sistemi solari e galattici che, in modo analogo, a causa delle leggi del momento angolare, tendono ad appiattirsi nel tempo. Il disco modellato può es- sere visto come l’involucro di un pianeta, con possibili e non prevedibili aberrazioni; il fuso, come una freccia, lo attraversa, simboleggiando l’estrema velocità del viaggio del nostro sole attraverso la galassia e, il suo essere affilato, richiama la meraviglia e il terrore dello spazio e delle sue forze.
Nella seconda sala si trova l’opera Paradigm. Costruita come una pila di tetraedri cre- scenti, l’artista spiega che la scultura rappresenta un faro per il progresso e l’impegno nel- la ricerca, ma contiene fallibilità e dovrebbe servire come un costante monito sulla precarietà della conoscenza. Conrad Shawcross ha scelto il titolo della scultura ispirandosi al libro del fi- losofo scientifico Thomas Kuhn “The Structure of Scientific Revolutions”: al fine di permette- re alle idee di progredire, i vecchi paradigmi necessitano di essere scardinati da quelli nuovi.
Nell’ultima sala è appesa al soffitto, quindi sospesa, l’opera Slow Arc Inside a Cube XV. Que- sta serie prende ispirazione dal rivoluzionario lavoro del chimico inglese Dorothy Hodgkins che ha descritto la sua scoperta dell’insulina suina “come il tentativo di definire la struttura di un albero osservandone solo l’ombra”. Lo spettatore dello Slow Arc è posto in una posizione di pura ogget- tività filosofica, capace di vedere sia le ombre che la macchina platonica che le ha create, inter- rogandosi se sarebbe mai stato in grado di immaginare la gabbia e il suo meccanismo dalla sola osservazione delle ombre proiettate.
In The Shadows Lie Eternity è la terza personale di Conrad Shawcross con la Galleria Tucci Russo, dopo Stacks, Folds and Interference nel 2016, Dumbbell nel 2008 e la partecipazione alla collettiva S.N.O.W. – Sculpture in Non-Objective Way nel 2005 nella sede di Torre Pellice. L’artista è stato nominato Royal Academician nel 2013 e ad oggi è il più giovane membro della prestigiosa Royal Academy of Arts di Londra.
Conrad Shawcross (Londra, UK, 1977) vive e lavora a Londra. È stato autore in tutto il mondo di numerose opere monu- mentali di commissione pubblica, tra cui Paradigm (2016) collocata all’esterno del Francis Crick Institute di Londra; The Optic Cloak (2016) a Greenwich, UK; Exploded Paradigm (2018) nell’atrio del Comcast Technology Center a Philadelphia, USA, e Schism (2020) a Château La Coste in Provenza, Francia. Ha esposto in istituzioni internazionali tra cui: Palais de Tokyo, Parigi, Francia; Mori Art Museum, Tokyo, Giappone; the Museum of Old and New Art, Tasmania; Wadsworth Athe- neum, Connecticut, USA; the National Gallery, Londra, UK; ARTMIA, Pechino, Cina; Château La Coste, Provenza, Francia
23.05.2023 - 24.09.2023
opening: 21.05.2023
23.05.2023 - 24.09.2023
JAN VERCRUYSSE
OPENING DOMENICA 21 MAGGIO 2023, ORE 11-17
Fino al 24 settembre 2023
TUCCI RUSSO Studio per l’Arte Contemporanea
Via Stamperia 9 – TORRE PELLICE
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SEDE DI TORINO : GIUSEPPE PENONE | Impronte foglie parole | fino al 20 maggio 2023
Il rapporto tra Giuseppe Penone e Antonio Tucci Russo nasce nel 1969.
Impronte foglie parole è la sesta esposizione personale dell’artista con la Galleria Tucci Russo e la prima ospitata nella sede di Torino. La mostra consta di opere di varia tipologia quali sculture, lavori su tela e un corpus di disegni.
Nel 1970 Giuseppe Penone inizia a realizzare un ciclo di opere titolate Svolgere la propria pelle. La pelle ha la proprietà di delimitare e insieme separare: la pelle come superficie sensibile, capace di relazionarsi con il mondo. L’azione del contatto diventa fonte primaria di conoscenza, ed è ciò da cui scaturisce la scultura. Il contatto è una conoscenza che avviene in modo continuo e spontaneo, e l’IMPRONTA è la conseguenza della funzione primaria del tatto e un segno di identità.
A questo concetto si lega l’importante opera presentata in mostra Svolgere la propria pelle – Dita (1971) costituito da dieci fotoemulsioni su specchio. Ogni fotografia riprende un dito diverso delle mani dell’artista premuto su una superficie trasparente. Nel punto di pressione la punta del dito appare bianca, conferendo allo specchio la trasparenza necessaria alla rifrazione. Nella zona interessata dal contatto la pelle del dito scompare e lì, nel punto di incontro tattile, si verifica il passaggio della luce.
Giuseppe Penone ci conduce “per mano” alla visione della mostra presentata alla Galleria Tucci Russo nella sede di Torino. La mostra mette in dialogo le esperienze creative creando dei parallelismi che, partendo dall’esperienza primaria del toccare come principio della conoscenza, mettono in relazione l’azione dello scultore nel toccare la materia e quella dello scrittore che lascia le sue impronte sulla prima copia pubblicata di un suo libro, da cui per entrambi alla prima impronta ne segue un’altra e un’altra ancora. Lo scultore, manipolando la materia, realizza l’opera; lo scrittore, toccando e sfogliando il suo libro, permette alle parole di evidenziare il suo pensiero.
“Un paesaggio di impronte, pensieri, parole impresse
sulla superficie del mondo.
Lo avvolgono come un suono continuo, modulato dall’intensità
delle parole del poeta che affida alla superficie delle pagine
del suo primo libro attese, speranze, fervori, illusioni,
e, pubblicato il suo libro, lo ricopre di impronte, lo accarezza,
lo sfoglia, lo apre come apre la mano e toccandolo
raccoglie sulle dita tracce di inchiostro delle sue parole,
la foresta dei suoi pensieri.”
Giuseppe Penone, Scritti, Electa, Milano, 2022
Il testo chiarisce il concetto espresso in tre delle opere presentate, Canti (2013), Fervor de Buenos Aires (2015) e Die Metamorphose der Pflanzen (2014) che s’ispirano agli scritti omonimi rispettivamente di Giacomo Leopardi, Jorge Luis Borges e Johann Wolfgang von Goethe le cui prime edizioni sono anch’esse esposte in mostra. Penone, come detto, considera l’impronta, ovvero il toccare, come principio della conoscenza, che concepisce come «segno, ordine, gesto taumaturgico, o proiezione di un pensiero». Ad una prima impronta l’artista ne aggiunge progressivamente altre fino a raggiungere migliaia di impronte accumulate che, differenti tra loro, ricordano il fogliame degli alberi. Al centro di ciascuna tela è presente una piccola scultura in terracotta, l’impronta della sua presa.
Vengono inoltre esposti il frottage della copertina della prima edizione di Die Metamorphose der Pflanzen di Johann Wolfgang von Goethe, che riporta l’artista a una tecnica da lui utilizzata tanto in opere storiche quanto più recenti, e i disegni intitolati Foglie (2014) che rinnovano il concetto di paesaggio come una distesa di impronte, rappresentando per l’artista «un drappo di foglie della foresta, ognuna unica, assoluta, irripetibile, che riveste il corpo della foresta come una pelle».
Altre due opere esposte ampliano ulteriormente il concetto di come, dall’azione del contatto, scaturisca la scultura:
Gli anni dell’albero più uno (2020), scultura in bronzo che si lega all’opera storica presentata nel 1969 in cui l’artista, procedendo per addizione e non per sottrazione (come negli Alberi scortecciati), esplorava la corteccia toccandola e accarezzandola con la punta delle dita per stendervi attorno uno strato di cera corrispondente a un anello di crescita dell’albero, e Avvolgere la terra – corteccia (2014): «Ho ingrandito con della creta la terra che avevo avvolto e stretto nelle mani. Manciata dopo manciata, l’ho compressa e levigata in un’azione che ha coinvolto tutto il mio corpo e la mia attenzione». La scultura poggia a terra su una fusione bronzea della corteccia di un albero.
Il video Ephemeris accompagna la visione della mostra evidenziando alcuni dei processi creativi dell’artista.
Giuseppe Penone (Garessio (Cuneo), 1947) vive e lavora a Torino. Negli ultimi anni gli sono state dedicate mostre personali presso la Galleria Borghese, Roma (2023), il Voorlinden Museum, Wassenaar (2022), il Couvent de La Tourette, Éveux (2022), il Philadelphia Museum of Art, Philadelphia (2022), la Frick Madison, New York (2022), le Gallerie degli Uffizi, Firenze (2021), la Bibliothèque Nationale de France, Parigi (2021), Villa Medici, Roma (2021), il Saarlandmuseum, Moderne Galerie, Saarbrücken (2020), Centre Pompidou Metz (2020), Yorkshire Sculpture Park, Wakefield (2018), Château La Coste, Le Puy-Sainte-Reparade (2017), Palazzo della Civiltà, Roma (2017), MART, Rovereto (2016), Rijksmuseum, Amsterdam (2016), Nasher Sculpture Center, Dallas (2015), Musée Cantonal des Beaux-Arts, Lausanne (2015). Nel 2013 ha esposto le sue sculture monumentali presso i giardini della Reggia di Versailles e al Madison Square Park, New York, mentre nel 2014 presso i Giardini di Boboli a Firenze,. Numerose sono le installazioni permanenti, tra cui il Giardino delle Sculture Fluide presso la Reggia della Venaria Reale, Torino. Nel 2017, in occasione dell’inaugurazione del Louvre Abu Dhabi, quattro opere dell’artista sono entrate nella collezione permanente del museo. Insignito della McKim Medal nel 2017 e del Praemium Imperiale per la Scultura dalla Japan Art Association nel 2014, ha rappresentato l’Italia alla 52° Biennale di Venezia nel 2007, avendovi esposto anche nel 1995, 1986, 1980 e 1978. Ha preso parte a Documenta a Kassel nel 1972, 1982, 1987 e nel 2012.
18.10.2022 - 11.02.2023
opening: 27.10.2022
18.10.2022 - 11.02.2023
Mostra 1, Torino : Thomas Schütte | “Works in glass”
Dal mercoledì al sabato ore 11-13 e 15-19
La Galleria Tucci Russo, che lavora con l’artista tedesco Thomas Schütte sin dal 1986, espone nella sede di Torino, su progetto dell’artista, una selezione di sculture in vetro accompagnata da una serie di opere su carta.
L’artista nel suo percorso creativo ha spesso utilizzato questo affascinante materiale soprattutto per realizzare sculture legate a ritratti e a figure che esprimono diversi aspetti delle emozioni umane: dai legami personali fino ad un immaginario grottesco. I disegni presentati nell’esposizione sono un commento e un completamento alle opere.
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Mostra 2, Torre Pellice: Open Book
Dal mercoledì alla domenica ore 10-13 e 15-18.30
“Open Book” presenta una selezione di opere degli artisti presentati nella Galleria Tucci Russo nel corso della sua attività. Disponendo la sede di Torre Pellice di un ampio spazio diviso in diverse sale, si propongono varie collettive facendo una selezione di artisti per generazione:
Sala 1 e 2: Giovanni Anselmo, Richard Long, Mario Merz, Giulio Paolini, Giuseppe Penone
Sale 3 e 4: Tony Cragg, Harald Klingelhöller, Alfredo Pirri, Thomas Schütte, Jan Vercruysse
Sale 5: Mario Airò, Christiane Löhr, Robin Rhode, Conrad Shawcross
THOMAS SCHÜTTE Glass: Me, 2018, Vetro di Murano, Cm 19,5 x 43 x 26,5 | Courtesy l’artista e Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice / Torino Foto Luise Heuter
14.04.2022 - 01.10.2022
opening: 13.04.2022
14.04.2022 - 01.10.2022
Giovanni Anselmo, che espone nella Galleria Tucci Russo sin dal 1978, in questa mostra, la prima nella sede di Via Bertolotti 2 a Torino, raccoglie una serie di opere nate in differenti momenti e legate a diverse tematiche del suo lavoro. Il suo pensiero, sin dalla metà degli anni Sessanta, dimostra grande coerenza di linguaggio e di concetti, evidenziando quei principi fondamentali che accompagnano la nostra esistenza e che ci pongono in relazione a tutto ciò che è visibile e invisibile, che è particolare, che sottolinea il principio di equilibrio (Senza Titolo, 1965), di energia/tensione che un materiale, in una posizione costretta e innaturale, sviluppa nei confronti del fruitore che, a sua volta, così come nelle opere direzioni, si orienta nei punti cardinali dello spazio.
Minimalismo e concettualità convivono con una dimensione poetica dell’universo.
“L’oggetto tradizionale è ridotto al minimo e comunque esiste solo in funzione della tensione, dell’energia. L’opera è energia ed è in funzione del mio vivere. I miei oggetti sono energia fisica; le forze vengono convogliate e dirette in un punto in modo che ne risulti, di volta in volta, una situazione di equilibrio instabile, di movimento potenziale, di tensione, di compressione cui le strutture e gli elementi visivi dei miei oggetti sono subordinati.”
Giovanni Anselmo
SALA 1:
VERDE CHIARO PERMANENTE AL CENTRO E INTORNO UN DISEGNO, DUE PARTICOLARI, I COLORI DELLE FOGLIE AL VENTO, 1980
OLTREMARE MENTRE APPARE ALL’ORIZZONTE, 1979/ 2022
“Io ho utilizzato questo colore come una materia, come un lembo di terra, come una bussola, più che come un colore in senso stretto. Il colore oltremare nell’antichità fu portato in Europa da lontano, da oltremare appunto… ed è per questa ragione che ha assunto questo nome. È un’indicazione spaziale di un altrove che, intorno a noi, si trova in tutte le direzioni. Sulla Terra, infatti, qualunque direzione si scelga di percorrere, prima o poi comparirà sempre un oltremare. Collocare questo colore su una parete significa per me scegliere e indicare quella direzione, verso l’oltremare sulla parete e verso l’oltremare nello spazio esterno.”
Giovanni Anselmo
SENZA TITOLO (Specchio), 1968
“Quando in “Senza Titolo” del ’68 ho utilizzato lo specchio, appoggiandolo al muro e proteggendolo nei punti di contatto con del cotone, ho rivolto verso lo spettatore il retro dello specchio e non la parte specchiante. Quest’opera è “contro” l’immagine virtuale a due dimensioni e lo specchio – una lastra specchiante di 3 mm di spessore – flettendosi a causa del suo peso presenta un’immagine reale a tre dimensioni anziché un’immagine riflessa e virtuale a due dimensioni.” Giovanni Anselmo
SALA 2:
INVISIBILE, 1971
“Nel 1971 ho realizzato un lavoro con un proiettore, intitolato “Invisibile”, perché volevo fare un lavoro invisibile: l’apparecchio proietta una diapositiva con la parola “visibile”, la focalizzazione della parola è nello spazio a un metro circa dall’obiettivo. Se voglio verificare l’invisibile, ciò è possibile solo mediante il visibile. Se voglio materializzare l’invisibile questo diventa immediatamente visibile. L’invisibile è quel visibile che non si può vedere.”
Giovanni Anselmo
SENZA TITOLO (TONDINO), 1965
“Il ferro è piegato in modo che esso poggi a terra e regga da solo la sua verticalità con un bilanciamento di peso. In questo modo la struttura è in grado, al minimo spostamento dell’aria circostante, di segnalare con il suo movimento l’energia che contiene. Quello che mi interessava era, da un lato, la forza di gravità, e dall’altro la pura verticalità dell’asta. Nello stesso periodo realizzo opere in cui infilo in verticale su basi di legno dei tondini di ferro che si spingono quanto più possibile verso l’alto, fino a trovare un equilibrio instabile molto precario tra legge di gravità e forza di coesione del ferro. Talora applico alla sommità del tondino una forma a goccia rovesciata di polistirolo e dipingo il tutto di un solo colore.” Giovanni Anselmo
SENZA TITOLO, 1967
“In quest’opera l’energia fisica viene rappresentata con mezzi semplicissimi. I bordi longitudinali di una lastra di plexiglas sono avvicinati e trattenuti da un ferro a U. Il ferro a U aggancia i bordi e ad essi rimane appeso senza bisogno di incastri, perché è la tensione del plexiglas a sostenere il ferro stesso. La trasparenza del materiale visualizza la situazione di energia che mantiene in piedi l’opera.” J. C. Ammann
INFINITO, 1970
“Ho messo a fuoco l’obiettivo della macchina fotografica sull’infinito e l’ho puntato verso il cielo, perché il cielo non interpone ostacoli, il cielo è uno spazio “aperto”…” Giovanni Anselmo
28.10.2021 - 29.01.2022
opening: 28.10.2021
28.10.2021 - 29.01.2022
Dal mercoledì al sabato ore 11-13 | 15-19
Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea è lieta di presentare presso la propria sede di Torino la quarta esposizione di Giulio Paolini dal titolo QUI (DA LONTANO).
Il percorso che l’artista propone all’interno della galleria Tucci Russo comprende un corpus di opere inedite, ovvero tre sculture, un arazzo e una serie di collage.
Come suggerisce il titolo della mostra, QUI (DA LONTANO), Paolini riflette, su temi da lui ampiamente frequentati quali la figura dell’artista, la vertigine del tempo, prossimità e distanza, familiare e straniero, consueto ed esotico.
Le pareti della galleria sono scandite da una serie di collage dedicati a luoghi esotici, mai visitati da Paolini, intitolati Qui (da lontano), 2021, che danno il titolo alla mostra. Proprio il carattere remoto dei soggetti rappresentati, la distanza che ci separa da essi, diviene oggetto di suggestione per l’artista: Jaipur (India), Persepoli, Isfahan, Tabriz, Meshad, Shiraz, Darab (Iran) sono i meravigliosi siti archeologici che, trasfigurati nei collage, compiono un viaggio repentino per depositarsi davanti ai nostri occhi.
Nelle parole dell’autore: L’orizzonte è mutevole, sempre diverso: unisce o divide due aree contrapposte. È un contatto virtuale utile a raffigurare, ma non a definire, una giustapposizione visiva. Sopra e sotto, qui e oltre avvistiamo superfici che si toccano senza rumore, senza indicare su quale delle due crediamo di abitare. Spazio e Tempo si contendono le misura del Vero, di quanto sembra ospitare la nostra esperienza. Da Jaipur a Darab, Persepoli e Isfahan la distanza da percorrere è notevole, ma irrilevante o addirittura inesistente se questi o altri luoghi si traducono in immagini fotografiche, carta da disegno, matita e compasso a disposizione del “viaggiatore”. Il quale sa, per buona regola e vita vissuta, rivelare a se stesso l’esperienza – se così si può dire – di non muovere un passo: restare fermi per accogliere l’istantaneità della visione.
Sala 1
La scultura In orbita, 2021 accoglie il visitatore nella prima sala: due calchi in gesso di mani femminili, orientate l’una verso il basso e l’altra verso l’alto, sono posati sulla riproduzione fotografica di una mappa stellare di formato tondo, trattenuta da una lastra di plexiglas quadrata. I calchi sono sormontati da una sfera armillare che trattiene un goniometro. Sullo sfondo della dinamica circolare che guida l’assieme, in cui i vari motivi fanno eco l’uno all’altro, le due mani orientate in senso contrapposto sembrano sostenere nello spazio cosmico gli elementi in equilibrio precario: un contatto fisico tra il soggetto e l’universo.
Sala 2
La seconda sala ospita l’opera scultorea Caduta libera, 2021 in cui il calco in gesso di una mano aperta, orientata in verticale, è associato a quattro frammenti lacerati di una riproduzione fotografica del cielo, disposti a varia altezza. I frammenti d’immagine in “Caduta libera”, come suggerisce il titolo, rinviano al gesto dell’autore, rappresentato dalla mano, che tenta invano di trattenere una dimensione assoluta, simboleggiata dal cielo. Un gesto al quale l’autore non vuole rinunciare, pur consapevole della sua impraticabilità.
Sala 3
Allestita sul piano di un tavolo, Habitat, 2021 è costituita da tre espositori in plexiglas triangolare che fungono da quinte teatrali per la messa in scena di un assieme di oggetti: una pietra pirite, una rosa gialla (citazione di un racconto di J.L. Borges), un pennello usato, una boccetta di inchiostro azzurro, frammenti cartacei di appunti autografi dell’artista, una clessidra e un compasso che cinge una lente di ingrandimento. Un compendio di oggetti cari a Paolini, in virtù della loro dimensione simbolica: gli strumenti dell’artista nel trascorrere del tempo e nella fisicità dello spazio.
Sulla parete opposta è esposto un arazzo tessuto a mano dal prestigioso Ateliers Pinton, dal titolo Dopo Tutto, 2021. Una figura maschile vista di spalle è intenta a osservare un quadro, evocato per mezzo di un tracciato lineare, mentre in primo piano l’immagine di una cornice dorata inquadra la scena medesima. In questa successione alterna di inquadrature, lo sguardo del protagonista non vede alcunché, dal momento che il “quadro” definito dalla cornice dorata cade alle sue spalle. Nelle parole dell’artista: “La figura rappresentata, anziché volgersi come di solito verso noi osservatori, occupa la nostra stessa collocazione: è rivolta ad un al di là, verso qualcosa che non è dato vedere”. Autore e spettatore vengono a coincidere nella stessa figura, anonima, che, in una sorta di autoritratto rovesciato, sembra interrogare il proprio sguardo tanto quanto la propria identità.
La parete laterale ospita il collage A perdita d’occhio, 2007-2021: al centro la fotografia di una nave è inscritta in riquadri bianchi e neri, a loro volta applicati su un’immagine del mare al tramonto. La nave è diretta frontalmente verso l’osservatore irradiando una scia di tele al recto e al verso, particolari di studi, schizzi e dettagli fotografici. La nave procede dunque verso di noi in un movimento che dalla luce conduce all’oscurità. Nelle parole dell’artista: “Il flusso che si deposita ai lati del soggetto centrale, la scia tracciata sull’acqua dal carico di intenzioni e proiezioni che avanza verso di noi si traduce in un intreccio di immagini che evocano altre superfici disperse a perdita d’occhio.”
La mostra propone un viaggio nello spazio e nel tempo per celebrare ancora una volta, secondo lo sguardo dell’artista, il miracolo della visione.
Mercoledì > Sabato 11 – 13 | 15 – 19
TUCCI RUSSO
STUDIO PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Via Stamperia 9 | 10066 TORRE PELLICE (Torino)
Tel. +39 0121 953 357 | Fax +39 0121 953 459
gallery@tuccirusso.com | www.tuccirusso.com
Mercoledì > Domenica: 10.30-13 / 15-19
Tony Cragg
IN NO TIME
Fino al 30 gennaio 2022
Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea è lieta di presentare la tredicesima mostra personale dello scultore inglese Tony Cragg, dopo la prima presentata nel 1984 negli spazi dello storico Mulino Feyles di Torino. In occasione della presente esposizione a Torre Pellice, l’artista presenta una vasta selezione di opere scultoree recenti realizzate tra il 2017 e il 2021.
L’arte di Tony Cragg è focalizzata sulle molteplici relazioni esistenti tra l’essere umano e il suo ambiente.
Protagonista di una continua ricerca sul contenuto e la forma nell’ambito della scultura, l’artista si concentra, attraverso tecniche e materiali vari come il marmo, il bronzo, il legno, e il metallo, sulla connessione tra la figura, l’oggetto e il paesaggio. Secondo Tony Cragg, il fare scultura rappresenta l’unica attività che, nell’interazione tra essere umano e materia, è in grado di fornire a quest’ultima non una funzione bensì un significato e un’espressione emozionale. Ciò che conta per l’artista è intuire quanto si nasconde al di sotto della superficie della materia, cogliendone la dinamica e l’energia interna.
Tra le opere in mostra anche alcune sculture provenienti dall’esposizione, appena conclusa, ospitata nella suggestiva cornice di Houghton Hall, dimora storica situata nel Norfolk in Gran Bretagna.
Tony Cragg (Liverpool, UK, 1949) vive e lavora a Wuppertal, Germania, dal 1977 dove dal 2008 ha avviato lo Skulpturenpark Waldfrieden, la fondazione che porta il suo nome. Si laurea presso la Wimbledon School of Art, Londra, UK (1973) e ottiene un Master of Arts presso il Royal College of Art, Londra, UK (1977). Tra le recenti esposizioni personali si ricordano: Haus am Waldsee, Berlino, Germania, 2021; Houghton Hall, Norfolk, UK, 2021; Giardino di Boboli, Firenze, 2019; Yorkshire Sculpture Park, UK (2017); National Museum of Havana, Cuba (2017); MUDAM Luxembourg, Lussemburgo (2017); Ludwig Museum, Koblenz, Germania (2017); Wroclaw Contemporary Art Museum, Wroclaw, Polonia (2017); The State Hermitage Museum, San Pietroburgo, Russia (2016); Von der Heydt Museum, Wuppertal, Germania (2016); Benaki Museum, Atene, Grecia (2015); Gothenburg International Sculpture Exhibition, Gothenburg, Svezia (2015). Nel 1988 ha rappresentato la Gran Bretagna alla 43° Biennale di Venezia e nello stesso anno è stato insignito del Turner Prize dalla Tate Gallery di Londra, UK. Eletto Royal Academician dalla Royal Academy of Arts nel 1994, ha ricevuto il Praemium Imperiale per la Scultura dalla Japan Art Association nel 2007. È stato nominato CBE nel 2002 e Knight’s Bachelor nel 2016.
15.09.2021 - 30.10.2021
opening: 14.09.2021
15.09.2021 - 30.10.2021
La Galleria partecipa alla 5 giorni di apertura coordinata di Exhibi.TO dal 14 al 18 Settembre 2021.
“Il giardino dei sogni” rivela al pubblico il momento magico in cui le idee si materializzano sulla carta, mostrando la dimensione privata dell’immaginario dell’artista che poeticamente apre la porta segreta dei suoi progetti.
27.01.2021 - 31.07.2021
opening: 27.01.2021
27.01.2021 - 31.07.2021
Human and Nature Portraits è la mostra che la Galleria Tucci Russo presenta nella propria sede di Torino e che sviluppa il tema del ritratto visto con occhi contemporanei da parte di cinque artisti: Christiane Löhr, Richard Long, Marisa Merz, Giuseppe Penone e Thomas Schütte.
Nella mostra Marisa Merz e Thomas Schütte si riallacciano alla tradizione classica del ritratto: Marisa Merz con un disegno di un’eterea testa femminile, non priva di una sua religiosità, mentre Thomas Schütte propone un’altra figura femminile, più terrena, intenta alla lettura; questo disegno si contrappone a due sculture di teste maschili realizzate in vetro di Murano, rispettivamente nera e blu, adagiate su delle basi in acciaio nero, titolate Me.
Gli altri artisti in mostra, Giuseppe Penone, Richard Long e Christiane Löhr, presentano l’idea del ritratto come visualizzazione metaforica del gesto proprio dell’artista nel creare l’opera in dialogo con gli elementi naturali.
Giuseppe Penone nell’opera Equivalenze – 25 novembre 2016 unisce “pittura” e scultura: pittura in quanto le lastre di ottone, sapientemente toccate dall’artista in modo da creare una controllata ossidazione sulla superficie a determinare un ritmo pittorico, sono anche sostegno dell’impronta della sua mano trattenuta dalle forme in terracotta disposte a intervalli sulle lastre stesse. A questa seguono Pelle di grafite – Riflesso di saffirina, impronta e “ritratto” di un particolare della sua epidermide, e Corpo di pietra – rete, in cui le venature della pelle del marmo vengono evidenziate dal gesto scultoreo dell’artista da un lato e al contempo la lastra viene incisa e tracciata anche dal lento respiro della rete metallica che la penetra nel suo reagire ai cambiamenti di temperatura. Infine Indistinti confini – Velinus, il tronco dell’albero, realizzato in marmo, la cui corteccia ospita la traccia di una linea, che può rimandare a un’edera che si inerpica sul tronco, ma la cui forma è riferita al fiume Velino.
Le opere di Richard Long si possono intendere come ritratti dell’artista in quanto egli non si avvale di strumenti per realizzarle ma del proprio corpo, così nei lavori in cui le forme geometriche sono realizzate da un susseguirsi di impronte realizzate col fango o nei textwork in cui le parole visualizzano percorsi che l’artista stesso ha seguito nel paesaggio, come in quello in mostra Watching ants and thunderstorms ispirato ad un viaggio svolto da Long sulle Middle Sisters, un gruppo di montagne vulcaniche in Oregon (USA).
Christiane Löhr utilizza elementi naturali, quali fili d’erba e fiori d’albero, organizzati a creare sculture che rimandano a figure geometriche o ad architetture. Nei disegni, che possono essere letti figurativamente come ombre di rami, le linee bilanciano geometricamente il pieno e il vuoto, il bianco e il nero dello spazio del foglio fino a estendersi idealmente all’esterno. La materia del pastello ad olio nero utilizzato a realizzare il disegno è steso dall’artista con le dita in modo che la materia del pastello stesso penetri nella tessitura della carta.
La mostra è visitabile presso Tucci Russo Chambres d’Art, Via Davide Bertolotti 2, Torino, dal 27 gennaio 2021 dal mercoledì al sabato ore 11-13 / 15-19.
N.B. A Torre Pellice la mostra UNDERLINING – Group show of one-man shows è ancora in corso e proseguirà fino al 31 luglio 2021.